La Sacca di Fornovo



sacca

Passata alla storia con il nome di Sacca di Fornovo, l’ultima battaglia della Resistenza e degli alleati contro le truppe nazifasciste si svolse nei giorni successivi la Liberazione. E’ la più grande operazione bellica dei Partigiani del territorio della provincia di Parma 

I tedeschi erano ancora presenti sul suolo italiano, e in particolare sui territori limitrofi la Linea Gotica (Gotenstellung), che, istituita dal feldmaresciallo Albert Kesselring nel 1944 con lo scopo di fermare l’avanzata alleata, ed anche tenere libere le zone e le vie di comunicazioni al nord della linea così da garantirsi via di ritirata. La linea divideva di fatto l’Italia a cavallo dell’Emilia-Romagna.

La liberazione di Bologna e la conseguente risalita alleata spinge le truppe tedesche nella parte nord occidentale (toscana-liguria)  a spostarsi verso il fiume Po in direzione Parma. Obiettivo è il raggiungimento e il superamento dei passo della Cisa e del Cerreto per una ritirata verso il confine. 

L’abbattimento della Linea Gotica, sul cui fronte i combattimenti si protraevano da circa otto mesi  portò  una posizione di stallo che fermò l’avanzata alleata creando non poche difficoltà alla Resistenza , costretta a combattere da sola contro i nazifascisti, spostò la scena della battaglia nella piana del Taro, un affluente del Po.

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Lo spostamento lungo le statali 62 e 63 in direzione Parma, stando alla messaggistica della n.1 Special Force agenzia di spionaggio inglese di stanza in Emilia,  si era materializzato nei primi giorni del 1945 e già al 24 gennaio si contava «la presenza di 5000 unità della Monte Rosa nella zona Cisa-Pontremoli con artiglieria leggera e pesante».

Si incontrarono in questi territori i reparti in ritirata della 14a Armata tedesca,  la 90a Divisione Panzergrenadieren del generale Otto Fretter Pico e la 148a Divisione di fanteria leggera, a cui si erano aggiunti reparti della Divisione Bersaglieri "Italia" del generale Mario Carloni, con le truppe alleate della 5a Armata Statunitense guidata dal generale Lucien K. Truscott, la Força Expeditionaria Brasileira (FEB) del generale Joao Batista Mascarenhas e gli uomini della neonata divisione partigiana Val Ceno comandata da Ettore Cosenza, nome di battaglia Trasibulo


La missione britannica Envelope Blue segnalava tra il 24 ed 25 aprile l’arrivo sulla statale 62 delle truppe alpine del IV reggimento Hochgebirgsjäger (i cacciatori di montagna) con gran parte della 148a Divisione e l’arrivo a Parma di alcune colonne tedesche della 232a Divisione di fanteria.

L’imminente liberazione delle zone emiliane agevolò la dislocazione delle armate nella piana del Taro, interessando le zone che si estendono tra Collecchio e Fornovo. Al presidio brasiliano della FEB, stanziato a Montecchio, si allinearono lungo la via Emilia già dal 21 aprile gli uomini della Divisione Val Ceno, organizzatasi il 10 marzo 1945 per opera del Comando Unico di Parma comprendendo la 31a Brigata d’Assalto Garibaldi “Forni”, la 31a Brigata “Copelli”, la 32a Brigata “Monte Penna”, la 135a Brigata “Mario Betti” e la 78a Brigata SAP, per un totale di circa 2.716 uomini. L’intento era quello di fermare l’avanzata di circa 15.000 soldati equipaggiati con armi e mezzi pesanti.

Il 25 aprile i partigiani, che ormai avevano accerchiato il nemico, intimarono «la resa incondizionata degli uomini, la consegna delle armi, delle munizioni e dei mezzi di trasporto e il disinnesco di tutte le mine»

Resa rifiutata dai tedeschi, che non avrebbero mai accettato di arrendersi a una formazione di uomini non inquadrati nell’esercito regolare. 

Non va dimenticato che lo stesso Kesselring, nelle sue Memorie, fece più volte riferimento alle “bande” partigiane, di cui non si conoscevano né nomi, né localizzazioni. Ed è proprio il termine dispregiativo di banda che dimostra come le formazioni partigiane non fossero riconosciute dagli alti comandi tedeschi e, sino a poco tempo prima, dagli stessi alleati.

Le manovre di dislocamento si ampliarono il 26 aprile quando il comando della 31a Brigata d’Assalto “Copelli”, che operava nella valle Taro, si collegò ad elementi della V Armata, iniziando un rastrellamento che spinse le truppe nazifasciste verso Collecchio. 

Iniziava così l’operazione Kessel, la sacca. Lungo la via Emilia ed il Taro si protrassero le incursioni ed i combattimenti. Fornovo e le sue terre divennero in quei giorni un «luogo di concentramento».

Il 27 aprile il colonnello Nelson De Mello intimò nuovamente la resa alle truppe del maggiore Kuhn, che rispose evasivamente: il comando brasiliano decise di affrettare i tempi e muoversi da Collecchio a Respiccio in direzione Fornovo.

Racconta il colonnello Schoenleben del 4° Hoch: «La sera del 27 aprile parlai con i comandanti di compagnia spiegando la mia intenzione di capitolare poiché un comando superiore non esisteva più e lo sfondamento verso le Alpi non sembrava più possibile. Alcuni degli ufficiali e sottoufficiali presenti, allo spettacolo delle Alpi che si vedevano risplendere oltre la pianura padana, consideravano ancora la possibilità di aprirsi un passaggio per tornare possibilmente a casa, alle loro famiglie, e non essere fatti prigionieri. Questo però poteva attuarsi solo se il 4° Hoch avesse marciato compatto aprendosi un varco verso Nord. Considerando il tributo di sangue che avremmo ancora dovuto attenderci, non mi volli assumere questa responsabilità e preferii rinunciare al comando del battaglione ma non si trovò nessun ufficiale o sottoufficiale disposto a sostituirmi. Così fu decisa la resa».

Alle 13 del 28 aprile 1945 si mossero le colonne della FEB da Collecchio-Pontescodogna e da Neviano-Respiccio in direzione Fornovo per stringere il cerchio attorno ai nazifascisti e giungere alla resa. Per accelerare i tempi la battaglia fu spostata dalla sinistra alla destra del Taro. I tedeschi cercarono la fuga verso Felegara e i combattimenti proseguirono sino al 29 aprile; alla fine furono catturati circa un migliaio di prigionieri.

Intanto alle 16 del 28 aprile le truppe della Força Expeditionaria Brasileira avevano varcato il ponte di Fornovo. «Vi intimo la resa incondizionata al comando delle truppe regolari dell’esercito brasiliano che sono pronte ad attaccarvi. Siete completamente circondati e nell’impossibilità di qualsiasi ritirata. Chi vi intima è il comandante dell’avanguardia della divisione brasiliana che vi accerchia. Aspetto entro il termine di due ore la risposta al presente ultimatum». Il colonnello Nelson De Mello, del 6° reggimento della FEB, ottenne la resa definitiva dei reparti della 148a Divisione di fanteria del generale Fretter Pico il 29 aprile.

Fu stabilito che la piana di Pontescodogna fungesse da zona di consegna. Iniziarono alle 13 a giungere le prime autoambulanze con i feriti più gravi. Proseguirono i soldati: ognuno di essi all’entrata al campo lasciava un’arma. Alle 18 dello stesso giorno si consegnò il generale Carloni della Divisione Italia, per il quale i tedeschi avevano chiesto le stesse condizioni di resa riservate agli ufficiali della Werhmarcht, con tutto lo Stato Maggiore. Proseguiva intanto la colonna della resa delle armi, il cui mucchio aumentava di ora in ora. Alle 12 del 30 aprile si presentò l’ultimo uomo: era il generale Otto Fretter Pico, comandante della 148a Divisione tedesca con 31 ufficiali del suo Stato Maggiore, la maggior parte dei quali veterani dell’Afrika Korps di Rommel.

La guerra era finita

Sulla piana di Pontescodogna, nella valle del Taro, tra Fornovo e Collecchio, una distesa di uomini: più di 15.000 prigionieri, oltre 1.000 catturati nei giorni compresi tra il 25 e il 29 aprile.
E una montagna di armi.

Nel campo, prigionieri, un miscuglio di uomini e di razze: gli italiani della Divisione Italia, della Monterosa, della San Marco (1500 uomini, secondo il Bollettino informazioni del Comando Unico Ovest Cisa, definite dai brasiliani «un battaglione ridotto»); i soldati della Wehrmacht, sotto l’alto comando del generale Von Vietinghoff Scheel, sostituto di Kesselring, non semplici rimasugli di un esercito in ritirata, ma ingenti forze che traevano origine, in parte, dalla divisione elitaria dell’Afrika Korps di Rommel, i cui veterani erano stati inquadrati nella 148a divisione che i brasiliani avevano già conosciuto nella battaglia di Castelnuovo di Garfagnana nell’ottobre del 1944, e i reparti della 90a Divisione Panzergrenadieren.




Brevi note sulla «Sacca di Fornovo» 

sacca di fornovo

Dal 25 al 29 aprile 1945, mentre altrove si festeggiava l'avvenuta Liberazione, a Fornovo Taro e località limitrofe si svolgeva ancora quella vicenda bellica divenuta nota come «Sacca di Fornovo». Per «sacca» nel linguaggio militare s'intende uno spazio in cui vengono respinte e rinchiuse notevoli forze avversarie. E ciò che appunto accadde ai resti della 90' Divisione Panzergranadieren, alla 148" Divisione di fanteria tedesca al completo e ai resti della Divisione fascista «Italia» che, in ritirata dal settore occidentale della Linea Gotica, attraverso la Strada Statale della Cisa, affluivano a Fornovo con l'intento di raggiungere il Po e la pianura. A fermare la loro marcia, le avanguardie della 90' Divisione, giunta per prima in zona, trovano già dal giorno 25 alcuni reparti partigiani della 31° Brigata Garibaldi «Copelli», cui si aggiungono reparti del. la 78' Brigata S.A.P. (Squadra d'Azione Patriottica) e della 135' Brigata Garibaldi della Divisione «Val Ceno» e le Brigate «Nino Siligato» e «Santo Barba. gatto» della Divisione «Val Taro». Mentre sulla sinistra del Taro si completa questo schieramento, dall'altra pane, nella zona di Neviano de' Rossi prende posizione il Battaglione «Bragazzi» della 12' Brigata Garibaldi. Ai reparti partigiani fornisce supporto, nella zona a nord di Collecchio, il 760° Battaglione carri medi statunitense e si affiancano quindi, in modo decisivo, dalla sera del giorno 26 (prima che le forze nemiche racchiuse nella «sacca» raggiungessero la massima consistenza), il 6° e Pila Reggimento di fanteria e un Gruppo d'artiglieria del F.E.B. (Forca Expedicionaria Brasileira).

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Gli episodi di maggior rilievo dell'operazione possono essere così riassunti

Mercoledì 25

Alcuni distaccamenti della 31' Brigata «Copelli» si scontrano nella zona di Vicofettik con le avanguardie della 903 Divisione inducendoli a retrocedere. Il Distaccamento «Gainotti» della stessa Brigata, equipaggiato con armi pesanti, prende posizione sulle alture che fronteggiano il ponte di Fornovo e impedisce ogni tentativo di uscita del nemico in direzione Ponteraro-Fidenza.

Giovedì 26

Un'autocolonna nemica riesce a passare il ponte, ma viene indirizzata con uno stratagemma verso Varano de' Melegari; all'altezza di Viazzano viene affrontata da tre Distaccamenti della 78' S.A.P. e dal Distaccamento «Fomaciari» della 31': dopo due ore di fuoco il nemico è costretto ad arrendersi subendo pesanti perdite (2 morti e 60 prigionieri). Nel pomeriggio il «Gainotti» è costretto a ritirarsi di fronte all'intensificarsi del fuoco dei cannoni e dei mortai nemici; gli subentra il «Santo Barbagatto» che nella notte respinge, dopo mezz'ora di intenso fuoco, un tentativo nemico di forzare il blocco. Poco prima del tramonto giungono i primi reparti del contingente brasiliano, proveniente da Vigatto-Corcagnano, che prendono posizione sulle alture a est di Collecchio, e danno inizio alle operazioni per la conquista della località. Alla loro azione si unisce quella del distaccamento «lezzi» della 31' «Coprili» che, affiancato da alcuni carri statunitensi, affronta il nemico dal lato nord. 

Venerdì 27

Verso mezzogiorno ha luogo la resa dei reparti tedeschi asserragliati a Collecchio. Sin dalle prime ore del mattino il Battaglione «Bragazzi», che aveva portato i suoi distaccamenti sulle colline prospicenti la statale da Fornovo a Oziano Taro, viene sottoposto a duri attacchi nemici ed è costretto ad arretrare; facendosi sempre più critica la situazione, viene richiesto l'aiuto delle unità brasiliane, che giunge in modo consistente e decisivo solo la mattina del giorno dopo. Diversi gruppi di nemici di diversa consistenza. che durante la notte precedente erano riusciti a passare il Taro, vengono eliminati da distaccamenti partigiani. 11 più consistente di questi gruppi, circa duecento uomini tra tedeschi e fascisti, riesce a penetrare in Medesano c a occuparla. Prontamente avvertito, il comando della 3 P «Copclli» con l'appoggio di due carri armati del 760° Battaglione alleato, conduce un'azione che porta alla resa del nemico e alla riconquista della località. 

Sabato 28

Sin dalle prime ore del mattino il «Gainotti» torna in linea di fronte al ponte sul Taro. Giungono LV anche dalla sinistra del Taro, da Bosconcello, reparti brasiliani, che si schierano nella zona Felegara-Ramiola, mentre al loro fianco tornano in posizione i distaccamenti della 135° Garibaldi, che il giorno precedente sotto la pressione brasiliana aveva dato inizio alla battaglia per la conquista di Fornovo e per costringere i nazifascisti alla resa. 

Domenica 29 

La resa, più volte e da più parti richiesta (preziosa in queste occasioni l'opera del parroco di Neviano de' Rossi, don Alessandro Cavalli) viene finalmente accettata alle ore 12 durante un incontro a Ponte Scodogna fra plenipotenziari brasiliani e tedeschi.

 

Lunedì 30

 

Continuano le operazioni di resa, che si concludono verso le ore 12 con la consegna del generale Otto Fretter Pico, comandante della 148a Divisione e del suo Stato Maggiore. Ingente il bottino in armi e materiale vario, circa 15.000 i prigionieri, cui si devono aggiungere gli oltre L000 catturati (in massima parte dai partigiani) nei vari tentativi effettuati dai nemici nei giorni precedenti la resa, di uscire dall'accerchiamento.
 

Non sono note le perdite dei nazifascisti nel corso delle operazioni; i brasiliani denunciano dal canto loro 5 morti e 50 feriti; 10 furono i caduti partigiani, imprecisato il numero dei feriti. 

Luogo non noto, data ignota, Don Alessandro Cavalli, Grande Ufficiale della Croce del Sud

Don Alessandro Cavalli: per la sua opera di mediazione fu insignito dai brasiliani della Medaglia al Valor Militare e del titolo di Grande Ufficiale della Croce del Sud






La «sacca di Fornovo» viene ricordata, a ragione, per dispiegamento di forze e di mezzi intervenuti, come la più importante operazione militare compiuta dalla Resistenza parmense