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A questi uomini, a questi partigiani, a questi giovani, dobbiamo la nostra riconoscenza perché sappiamo che la democrazia di oggi e la nostra Costituzione sono il frutto delle loro lotte, delle loro sofferenze e della morte di tante vittime innocenti.
Noi, cittadine e cittadini, noi istituzioni, ma anche voi giovanissimi che sarete la classe dirigente di domani, non ce lo dobbiamo mai e non ce lo dovremo mai dimenticare. La Resistenza è stata di fatto unitaria e fin dall’inizio ha saputo trovare un accordo di compromesso, persino con la monarchia, seppur macchiata dalla connivenza con il fascismo,
Resistenza che ha saputo formare un governo unitario nelle zone liberate e formare i Comitati di Liberazione Nazionale nelle zone ancora occupate. Quindi non ci furono due Resistenze, quella democratica e quella rivoluzionaria che puntava alla presa violenta del potere, come qualcuno vuol farci credere. E’ per loro, per quegli uomini che sacrificarono la loro vita qui su questi campi, su questo muro, che dobbiamo recuperare e restituire alla gente tutta l’umanità, il rispetto, la dignità che furono – e sono – sconosciuti alle dittature.
È questo il senso della memoria. Celebrare la memoria significa riscoprire chi siamo, preservare le radici comuni, ricordare i drammi collettivi. Per poter essere migliori e per evitare nuove barbarie È fondamentale non solo “fare memoria” circoscrivendola in una data, pure importante, come quella di oggi, che ci ricorda che sono trascorsi ottant’anni da quel giorno angosciante, bensì vivere la memoria, diventare memoria, essere memoria e testimoniarla nell’oggi della storia, per impegnarci a costruire un futuro più giusto e umano attraverso un antifascismo militante. Proprio perché l’antifascismo è anche aver cura della memoria della nostra comunità e del mondo. Perché c’è un pericolo, qui e ora, per la democrazia e la convivenza civile
E QUEL PERIODO SI CHIAMA FASCISMO
Chi in vari modi cerca di rivalutarlo, di rivalutarne i personaggi, di attenuarne le responsabilità, di far rivivere il razzismo, il disprezzo per l’avversario, il linguaggio, gli atteggiamenti e le azioni violente, si rende loro complice e apre la strada a nuove ingiustizie e a nuove tragedie. Ricordiamolo che il fascismo e il nazismo oltre a scatenare la guerra, la usarono consapevolmente come occasione per l’eliminazione di intere popolazioni, cercando con il terrore di applicare il loro folle mito della razza. Ricordiamolo, la scienza è chiara: le razze non esistono, nel caso ne esiste una, quella umana.
Io penso, allora, che dobbiamo organizzare tutte le nostre energie, in una resistenza civile e culturale larga, diffusa, unitaria. Occorre imparare a recuperare quella memoria storica italiana per provare a costruire una memoria storica europea; in un momento in cui l’idea di un continente unito, quella sognata da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi, è minacciata da nazionalismi e nuovi razzismi. Noi, popolo di oggi, dobbiamo imparare dai morti di ieri, caduti assieme. Abbiamo bisogno di umanità. Quella Umanità futura e migliore in nome della quale queste persone sono morte. L’esercizio della memoria deve comprendere anche i nomi che oggi celebriamo, ricordiamo.
Stasera quando torneremo nelle nostre case accoglienti e ci adageremo nei nostri tiepidi letti, ricordiamoli. E domattina quando apriremo gli occhi, ricordiamoci di Giuseppe, di Ferdinando, di Andrea. Immaginiamo che in quel periodo questi nostri fratelli avevano la vita che gli si schiudeva davanti, e non l’hanno potuta vivere liberamente perché altri decisero che dovessero morire.
Ricordiamoli ogni giorno della nostra vita, solo in questo modo renderemo loro giustizia, evitando che le loro vite e le loro storie, possano scivolare nell’oblio.
È necessario, è doveroso che Andrej, Milan e Ras rimangano un monito a futura memoria, affinché questi orrori e questi precipizi di disumanità della storia, non abbiano più da accadere.